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L’ora del tramonto è la più critica. Ma non in città. Nelle nostre città, a disturbare il momento malmosto del passaggio dal sole morente al buio, ci sono sempre molte luci, c’è sempre un palazzo o un ostacolo costruito dall’uomo. In campagna è diverso, è diverso in montagna o al mare. Il posto migliore per fissare quell’istante è su una collina da dove si vedono l’orizzonte, il mare e il sole che affonda in un luogo misterioso. Da sempre l’uomo sospetta che quello è il momento in cui i due mondi che ci assediano possono incagliarsi e perderci. Il mondo della realtà, che sperimentiamo tutti i giorni, e quello ignoto che ci sta accanto in cui conosciamo assai poco. Ne abbiamo percezione ma non conoscenza, e questo lo fa apparire pericoloso, infido, scivoloso, oscuro. Una cosa turpe e magnifica. Nel momento preciso in cui il sole scompare, proprio in quel momento, in mezzo a bagliori di luci esaltanti, tra i due mondi si apre uno squarcio. E’ quello l’unico istante in cui c’è una comunicazione sensoriale tra i due universi. A qualcuno potrebbe accadere, in una vertigine di spazio e tempo di passare dall’uno all’altro e scomparire.
da “La vertigine del tramonto”, Pietro Calabrese |
Lorenzo Linthout - Tutti i diritti riservati