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Peccato che andando via da lì non avrebbe potuto portare il fiume con sé, annodato al collo come una stola d'acqua che, tumultuosa e placida, scandisse le stagioni, il corso del tempo. Quel fiume era la sua memoria. Le bastava guardare la corrente scura eppure luminosa come mercurio liquido, per evocare la storia di tutto ciò che la circondava. Con lo sguardo percorse il tratto di paesaggio, le acque ancora un po' torbide per la risacca dell'inverno. Il fiume era confortante, mansueto come un grande animale domestico, ma era anche una creatura mitica: il serpente dalle ali verdi sul cui dorso avrebbe cavalcato molto presto, quando finalmente se ne sarebbe andata per trovare una risposta ai perché che la assillavano dall'infanzia. Ah! Se soltanto si fosse lasciato montare, lei gli avrebbe messo le briglie e insieme si sarebbero aperti un varco verso l'interno del paese. Già si vedeva a cavalcioni. Immaginò la sensazione dell'acqua tra le gambe; il fiume che la sosteneva e la trasportava, la brezza sul viso.
da "Waslala", Gioconda Belli |
Lorenzo Linthout - Tutti i diritti riservati