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La mia casa è una casa in cui nessuno si sente a casa. C’è una stanza che si sta costruendo da sé, di mattoni rosicchiati e scaglie di marna, di parole avanzate - cementate a scintille, impazienza e mancanza di cura. È una stanza circolare o forse ovale e c’è anche un angolo che regge la smania del fondo pagina pochi istanti prima di girarla, di leggerci la cicatrice del desiderio di un evento anche assurdo o grottesco o drammatico o anche solo desolato: uno spostamento d’asse, una furia di cambiamento, una ribellione di geografie, manie di possesso, chiusure spalancate e altri ossimori, qualcosa - dentro.
da “Casa dolce casa”, Antonella Bukovaz |
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